Le famiglie del vino: la famiglia Lunelli

Il mito Ferrari nasce all’inizio del 1900, per Giulio una sorta di illuminismo, che mette al centro del suo mondo la sua grande intuizione: portare lo Chardonnay in Italia. E’ così che il grande patriarca porta in Trentino un vino capace di confrontarsi con i migliori Champagne francesi, capendo prima di chiunque altro la straordinaria vocazione della sua terra. Fin da subito l’accompagna nel suo operato la virtuosa ossessione per la qualità: l’esordio è una piccola produzione di selezionatissime bottiglie. A metà secolo, non avendo avuto figli, Giulio Ferrari cerca un successore a cui affidare il suo sogno.

Ph. credits fam. Lunelli
Fra i tanti papabili solo uno però è meritevole di tanta stima e fiducia: Bruno Lunelli, titolare di un’enoteca a Trento, che grazie alla passione e a uno spiccato talento imprenditoriale, si rivelerà capace di incrementare la produzione senza mai intaccare la qualità. Bruno Lunelli, che invece di figli ne ha, cede loro il passo, non prima di avergli trasmesso grandi valori e la più sincera passione per il vino. Grazie a un lavoro familiare e d’amore svolto da Franco, Gino e Mauro, Ferrari diventa leader in Italia, introducendo sul mercato etichette destinate a entrare nella storia: sono il Ferrari Rosé, il Ferrari Perlé e il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore.
E il presente continua ad essere famiglia: la terza generazione con Marcello, Matteo, Camilla e Alessandro guida l’azienda secondo criteri di innovazione, ma nel rispetto assoluto della tradizione, tanto da far diventare Ferrari ambasciatore dell’Arte di Vivere Italiana nel mondo. Noi abbiamo avuto il piacere di parlare con Marcello Lunelli, un vero signore delle bollicine all’italiana.
Il territorio e l’uva

Ph. credits fam. Lunelli
Il vino Ferrari nasce nei vigneti di montagna, nelle zone più vocate del Trentino, e si perfeziona in cantina secondo il disciplinare Trentodoc, cioè esclusivamente con uve trentine coltivate in alta quota secondo i princìpi di un’agricoltura sostenibile di montagna. La montagna del Trentino è la terra ideale per dar vita a uno Chardonnay di grande eleganza e complessità, ma ad aggiungersi alla perfezione della natura c’è la sapiente cura dell’uomo. In questi vigneti di montagna ogni grappolo viene raccolto a mano, mentre agronomi ed enologi verificano tutte le fasi del delicato processo di vinificazione.
A fine estate, quando i grappoli di Chardonnay e Pinot Nero sono maturi, l’uva viene portata in cantina e pressata per dare il via alla prima fermentazione. Dopo la creazione delle cuvée, il vino base è imbottigliato e arricchito di zuccheri e lieviti selezionati e comincia così la fermentazione, cioè quella che dona il perlage. Qui il riposo dura dai 2 ai 10 anni a seconda dell’etichetta, interrotto solo dalla coccola del remuage, cioè il movimento di un ottavo di giro che viene fatta fare al vino giornalmente perché il sedimento possa scivolare verso il tappo ed essere eliminato in sede di sboccatura. L’operazione finisce con la magia firmata Ferrari: l’aggiunta della liqueur d’expédition, la ricetta segreta e impronta stilistica della cantina. Oggi questi luoghi sono il più grande vigneto di Chardonnay in Italia.
Bio, il presente

Ph. credits fam. Lunelli
Nei vigneti Ferrari, tutti certificati biologici, sono state recuperate alcune pratiche agronomiche tradizionali come il sovescio, che rimette al centro della produzione il concetto di fertilità naturale del terreno. Inoltre, il rispetto dell’ambiente, che si concretizza in più aspetti della produzione, ha portato all’ottenimento della certificazione Biodiversity Friend da parte della Worldwide Biodiversity Association. La qualità dell’uva, la salute del coltivatore e la tutela dell’ambiente sono anche i capisaldi del protocollo “Il vigneto Ferrari – per una viticoltura di montagna sostenibile e salubre”.
Ferrari, uguale a status

Carolina Kostner Ph. credits Luca Pagliaricci / GMT / www.ferraritrento.com
Non c’è manifestazione sportiva o evento mondano che si rispetti, che non abbia come protagonista l’eleganza Ferrari, ormai divenuta icona di stile e dell’arte di vivere italiano. La sua vocazione ad esserci nei momenti indimenticabili della cultura, dello sport e dello spettacolo è innata. E a dirlo sono anche i premi, già a partire dal 1906, quando le bollicine Ferrari si aggiudicarono la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Milano. Paolo Rossi, Carolina Kostner, Lindsey Caroline Vonn e Jacqueline Wiles, Michela Moioli, Federica Brignone, Arianna Fontana, Paulo Coehlo, Giovanni Rana, Stefano Accorsi, sono solo alcuni dei nomi che hanno scelto di festeggiare e onorare i loro successi professionali e di vita con un brindisi tutto italiano.
L’intervista a Marcello Lunelli
1 – Quale vino in tutti questi anni vi ha dato più soddisfazioni?
Certamente, il Brut Ferrari, dato che è stata l’etichetta che più di ogni altra ci ha fatto conoscere in Italia e nel mondo. Basti pensare ai numeri: si vendono oltre 3 milioni di bottiglie, un lusso democratico perché si entra nel mondo Ferrari con un prezzo abbordabile e un rapporto incredibile con la sua qualità. Io, in particolare, sono molto affezionato alla Riserva Lunelli, un millesimato Ferrari che per la prima volta porta il nostro nome di famiglia. Botti in rovere, vecchio protocollo di vinificazione e grandi emozioni nel bicchiere.
2- Una cosa che invidia a un’altra azienda e una cosa che sicuramente le altre aziende invidiano a voi
Non c’è invidia vera e propria, ma certamente le aziende che vivono territori rinomati e ben supportati dalla comunicazione sono avvantaggiate. Penso alla Toscana o al Piemonte, bellissime terre vinicole con passati e presenti luminosi. Quelle come la nostra, meno celebri per i vini, necessitano di tanto lavoro per potersi affermare.
Le altre aziende forse ci invidiano tutto il meraviglioso vissuto emotivo che portiamo ad ogni sorso: le bollicine sono il simbolo, da sempre, di gioia, festa, convivialità, celebrazione… sono intimamente legate ai momenti. E poi siamo invidiabili per la nostra fisionomia familiare e territoriale, nonostante la crescita e il successo che Ferrari ha avuto e che continua ad avere.
3- Qual è il brindisi più importante fatto finora nella vostra vita?

Ph. credits fam. Lunelli
2 giugno 2011: Ferrari ebbe l’onore di disegnare la bottiglia celebrativa per il 150esimo anno della Repubblica, che consegnammo a Giorgio Napolitano. Non potrò mai dimenticare l’emozione di esserci. E poi, un ricordo più intimo, che ancora mi commuove: quando nacque mia figlia Emma, mio padre stappò un Perlè Rosè, perché lo ritenne un omaggio delicato per la sua nipotina.
4- Qual è il primo ricordo legato al vino?
Il primo ricordo legato all’uva è al femminile: ero con mia mamma e guidavo il cingolato in mezzo ai filari del maso Pianizza, il maso dalle cui uve otteniamo il Giulio Ferrari Cuvée, un attrezzo senza volante e incredibile da guidare. Ricordo la gioia e il divertimento.
5- Una curiosità o aneddoto che non ha mai raccontato a nessuno, ma solo a noi

Ph. credits fam. Lunelli
Era il 1995 e come ogni mattina stavo entrando in azienda. Ma non andò così: mi reclutarono per portare Ferrari alle finali di scii alpino e mi ritrovai sotto il podio, con il mio bel pass, nel bel mezzo della confusione, ma nel secondo perfetto per essere fotografato con Alberto Tomba mentre stappa la bottiglia con l’etichetta Ferrari in bella vista! Finì sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport. Un gran colpo di fortuna, un’incredibile pubblicità per noi, e un ricordo indelebile per me.