Famiglie del vino: la famiglia Toso

La storia della famiglia Toso si intreccia da oltre 100 anni e da quattro generazioni con la tradizione piemontese del vino e con le sue splendide terre. Il capostipite Vincenzo Toso, bisnonno degli attuali titolari, nel 1910 trasferì la sua attività dall’astigiano, terra vocata al vitigno Barbera, a Santo Stefano Belbo, nel cuneese, dove le colline erano invece vestite dai filari del Moscato. Poco per volta, il Moscato d’Asti e l’Asti Spumante sono diventati i veri protagonisti della produzione di Casa Toso.
La storia è meravigliosa, i prodotti anche. E magica l’intervista che ci ha rilasciato il signor Gianfranco Toso con cui, noi di Biancovino, abbiamo avuto il piacere di parlare.

La terra del vino, la famiglia del vino
Dal 1910 la storia di Casa Toso è legata al Moscato. Quando agli albori del ‘900 sentì raccontare di questo vitigno che dava ottimi vini spumeggianti, il fondatore Vincenzo Toso ne fu conquistato e decise che bisognava intraprendere una nuova avventura imprenditoriale. Fu così che raggiunse la Valle del Belbo, che prende il nome dall’omonimo corso d’acqua, dove le colline delle Langhe cominciano ad essere più alte e il Moscato il vitigno principe. Questo è un territorio speciale, caratterizzato da una trama interminabile di colline e di valli, con rari spazi pianeggianti. Per questo la vendemmia si svolge rigorosamente a mano.

Nell’astigiano l’attività di famiglia mise radici durature. A Vincenzo successe il figlio Pietro e poi i suoi due figli Luigi e Vincenzo. Oggi Casa Toso è un’azienda che resta profondamente radicata nella tradizione ma allo stesso tempo è proiettata verso il futuro, guidata ora dalla quarta generazione della famiglia con i due fratelli Gianfranco e Pietro ed il cugino Massimo.
Il Moscato d’Asti e l’Asti Spumante, nella loro e nella nostra tradizione
L’attaccamento della famiglia Toso al Moscato è rimasto vivo nel tempo e ancora oggi si esprime nella costante attenzione che l’azienda dedica alle opportunità produttive di questo particolare vitigno, privilegiando in primis il Moscato d’Asti e l’Asti Spumante.

A Toso si deve il lancio del primo Asti Secco Docg senza solfiti aggiunti, un progetto di grande portata innovativa: Sarunè è lo spumante che nasce da uno scrupoloso lavoro in vigna e grappoli straordinariamente intatti, che hanno permesso la vinificazione senza solfiti. Ognuno degli oltre 50mila pregiati grappoli d’uva necessari per questa produzione è stato selezionato e raccolto a mano nei vigneti situati in Località Marini e San Grato a Santo Stefano Belbo e a Canelli, scelti per esposizione e tipologia dei terreni, che conferiscono al frutto particolare aromaticità e acidità. Coltivate con uno scrupoloso lavoro in vigna, grazie alla fondamentale collaborazione con gli agricoltori, sono state raccolte a mano al grado perfetto di maturazione, deposte con amorevole cura in cassette e trasportate nel modo più veloce e gentile, per arrivare integre e perfette in cantina, dove sono state sottoposte a trattamento con neve carbonica, necessario per raffreddare i grappoli e proteggere ogni singolo acino con una pellicola naturale che impedisce all’ossigeno di depositarsi, evitando quindi l’ossidazione.

Il Moscato Bianco utilizzato per produrre il Sarunè, in questo caso dell’ottima annata 2017, è dunque un’uva perfetta sotto tutti i punti di vista. Solo la perfezione della materia prima e un metodo di lavorazione con estrema attenzione e cura permettono infatti di produrre un Asti Secco senza l’aggiunta di solfiti, i conservanti comunemente utilizzati nell’industria alimentare per inibire l’azione di batteri che potrebbero deteriorare il prodotto e di enzimi che, a contatto con l’ossigeno, potrebbero far perdere al prodotto il suo gusto originale.
La famiglia Toso, oltre ai vini
Ai vini si aggiungono due prodotti della tradizione piemontese: il Toccasana di Teodoro Negro, l’originale liquore delle Langhe prodotto con ben 37 diverse erbe, che affascina per la sua ricchezza di profumi e la moderata alcolicità. Nella chiacchierata con Gianfranco Toso scopriamo che il discendente diretto di Teodoro Negro lavora ancora nell’azienda Toso!
Infine, il Vermouth Gamondi, storico e prestigioso marchio che grazie a Toso diventa moderno paladino della tradizione più autentica del Vermouth di Torino, fedele alla ricetta tradizionale dell’ottocento.

L’intervista con Gianfranco Toso
1- Quale vino in tutti questi anni vi ha dato più soddisfazioni? O perché vi ha fatto ottenere premi, riconoscimenti o anche in termini di vendite
La mia affezione va al Vermouth di Torino Superiore Gamondi perché è totalmente diverso dagli altri vini, ha un’anima complessa e unica. Innanzitutto ha una storia incredibile perché è prodotto in base a una ricetta originale di fine Ottocento, ideata da Carlo Gamondi, che abbiamo seguito alla lettera! Ogni erba è stata raccolta nel giusto periodo, e i tempi di infusione dei vari gruppi di erbe aromatizzanti sono stati differenti, con un successivo periodo di affinamento di circa un anno, per facilitare l’armonizzazione del prodotto nel suo insieme. Si tratta di tempistiche piuttosto impegnative rispetto ai pochi mesi di maturazione normalmente necessari a produrre i vermouth. Sono state, inoltre, utilizzate, oltre al Moscato d’Asti Docg e al Piemonte Cortese Doc, scorze fresche di arance amare messe in infusione in alcool puro, e altre erbe o spezie, come la vaniglia, lo zafferano, la mirra e il sandalo rosso.
2- Una cosa che invidia a un’altra azienda e una cosa che sicuramente le altre aziende invidiano a voi
Siamo felici così, ma se devo scegliere cosa invidiare dico la notorietà. Cosa ci invidiano gli altri, invece: la nostra totale ecocompatibilità, il fatto di essere un’azienda familiare legata al territorio, dinamica e snella, a differenza di altre aziende elefantiache nel prendere decisioni.
3- Qual è il brindisi più importante fatto finora nella vostra vita?
Noi brindiamo spesso! Ai nuovi prodotti, ai nuovi clienti e ai nuovi collaboratori. La nostra è una azienda fatta di piccoli successi ogni giorno. Il prossimo brindisi sarà quando usciremo da questo periodo assurdo.
4- Qual è il primo ricordo legato al vino?
I primi ricordi legati al vino sono collegati alle persone, più che alle azioni. Vanno a chi mi ha insegnato a lavorare, al nonno, al papà che è mancato al 2012, ma anche ad alcuni dipendenti che facevano parte della famiglia. Ricordo con grande affetto, Gino, che mi affiancava quando avevo 19 anni. A loro devo la mia conoscenza e la mia passione.
5- Una curiosità o aneddoto che non ha mai raccontato a nessuno, ma solo a noi 🙂
Difficile rispondere perché io sono una persona che racconta tutto. Dovrei inventarmela! No, ecco, ce ne ho una: ero un ragazzino e mio nonno ricordava che quando era bambino si vendemmiava a ottobre, mentre a quei tempi la vendemmia si era già spostata a settembre, a causa dei mutamenti climatici e del surriscaldamento. Oggi si vendemmia a fine agosto…